Per la serie “viaggio nella mente dei campioni”, ecco un’intervista con capitan Sergio Pellissier. Portabandiera del ChievoVerona, 112 reti nel campionato di serie A, atleta della nazionale italiana, oggi direttore sportivo.
Aiace Rusciano. Quando ci siamo conosciuti, più di 10 anni fa ormai, sono stato colpito da una tua frase molto significativa che ti ha sempre accompagnato nelle varie imprese del miracolo Chievo, per più di 17 anni in lotta con le big in serie A: “È bello vincere quando tutti pensano che perderai”.
Sergio Pellissier. Quando tu giochi per una squadra inferiore, una squadra piccola, con meno budget, qualsiasi risultato lo conquisti da solo. Non è per merito di altri, ma è merito tuo. La più grande soddisfazione di un atleta è quella di riuscire a ottenere risultati da solo, solo con le sue forze.
Quanto conta per un top atleta la motivazione e la determinazione di andare oltre, superare i limiti?
La voglia di andare oltre, di superare gli ostacoli, mi ha sempre caratterizzato fin da bambino, anche quando gli altri non credevano in me, e mi ha fatto crescere. L’ho scoperta ulteriormente negli ultimi anni, dopo i 30, nella motivazione dell’essere squadra.
Quanto conta l’allenamento mentale per raggiungere risultati eccellenti nel calcio e, in generale nello sport?
La testa deve essere serena, la testa deve essere rilassata. Se sei sereno tu, il corpo è pronto e ti viene tutto nel modo giusto.
Penso tu sia stato il “più mentale” tra i giocatori del Chievo: ti distinguevi per la tua applicazione, la capacità di superare le difficoltà, di restare focalizzato lottando assieme alla squadra contro le big della serie A. Qual era il tuo segreto?
Le motivazioni che mi portavano a superare le difficoltà erano varie. Ho dovuto dimostrare sempre sul campo di essere sempre al top della forma. Non ho mai saltato un allenamento. Nemmeno verso fine carriera (1000 allenamenti in 3 anni, mai saltato uno). Nelle mie motivazioni ho sempre ricercato la forza di fare meglio.
Come sai abbiamo analizzato i tuoi dati degli ultimi 10 anni: dati di tipo biochimico, medico, psicologico, cognitivo, densitometria ossea, infortuni e prestativo sul campo. Una delle costanti che emergono è la correlazione tra i picchi di prontezza cognitiva e la condizione fisica e prestativa. Sappiamo che la tua forza era la velocità con cui ti coordinavi e tiravi in porta, sorprendendo gli avversari.
Ora una domanda all’ex calciatore oggi dirigente sportivo: oltre agli aspetti mentali, fisici e tecnici, qual è, secondo te, il ruolo che dovrebbero avere le nuove tecnologie e i dati nel mondo dello sport professionistico?
I dati sono fondamentali per capire dove può arrivare un giocatore. Tu capisci il suo rendimento anche dai dati. Se un attaccante in 10 anni fa 5 goal all’anno non può essere uno che ne fa 20. I dati servono per far capire quali aree e fattori gli mancano, e possono essere incrementati. Bisogna capire realmente e i dati non possono essere ignorati in Serie A. Ecco perché servono esperti in grado di interpretarli e usarli correttamente.
Da dirigente sportivo, cosa pensi del calcio italiano oggi?
Penso che il calcio italiano oggi sia un’industria oltre che uno sport, e come tale necessita di competenze, organizzazione, mission aziendali ben definite e team di esperti. Ci sono interessi diversi e obiettivi economici ambiziosi. È normale che il dirigente sportivo sia in rapporti con i vari procuratori. È come la politica. Io però sono diretto ed è giusto dire la verità, in primis. Ad esempio dire ai ragazzi cosa si pensa. Può essere brutale a volte, ma il ragazzo sa a cosa va incontro. E io credo che si debba sapere se c’è fiducia o no nei tuoi confronti. Tante volte fa più male dire la verità che la falsità, non mediare è un valore aggiunto.
Che insegnamento vuoi dare alle nuove generazioni di calciatori, da dirigente sportivo e top atleta?
Credo che le nuove generazioni siano diverse. C’è stato un cambio culturale: i cambiamenti più evidenti stanno nel fatto che oggi i giovani credono spesso di essere già arrivati. Non ascoltano i consigli. Invece devono imparare a crescere, imparare i valori, imparare dagli errori e da chi è più esperto di loro per eccellere dando il 100%.
Foto: Pottercomuneo / Wikimedia Commons